Staminali; E’ difficile oggi che passi un giorno senza incappare in rete, in tv, passando per radio, quotidiani e riviste in questa parola. Ma quanti di noi conoscono veramente cosa sono, come si producono e perché sono cosi importanti per la ricerca, la medicina e il nostro futuro?
Specie dopo il caso Stamina, il termine staminali è stato reso nel nostro paese – ma si è parlato in tutto il mondo – ancora più popolare di quanto già non fosse.
Il sito Aula di Scienze di Zanichelli propone un bel video girato in un importante centro di ricerca sulle staminali, Unistem, il laboratorio dell’Università di Milano dove si studia la malattia di Huntington ed è diretto da Elena Cattaneo, da sempre in prima linea per la corretta divulgazione scientifica.
Come si apprende dal sito “produrre uno specifico tipo di cellula a partire da una cellula staminale non è per niente semplice, ma richiede molta pazienza, cura, attenzione e precisione“.
È un processo che non si completa in poche ore ma nell’arco di giorni e va seguito passo dopo passo, nutrendo le cellule staminali con sostanze specifiche che le istruiscano a diventare uno dei 250 tipi di cellule specializzate del nostro corpo, ad esempio neuroni, cellule del cuore o della pelle. È una sorta di percorso, dove a ogni passo c’è una verifica, un controllo che garantisca all’istruttore-ricercatore che la cellula sta effettivamente trasformandosi nel tipo di cellula che vogliamo e che lo sta facendo in modo corretto.
Ma lasciamo suonare la campanella ed entriamo insieme nella scuola delle staminali!
“Attenzione pero è sempre bene ricordarsi – come ammonisce il sito – che tutta questa ricerca, per quanto avanzata, è lontana dal poter essere applicata a chi oggi è malato. Non c’è ancora un modo sicuro per sfruttare la potenzialità delle staminali. Non esistono ancora protocolli, pratiche e metodi considerati sufficientemente sicuri, stabili e a basso rischio per dare una speranza ai pazienti. È solo la ricerca, quella fatta in modo chiaro e trasparente, condividendo i risultati con la comunità scientifica, che potrà forse darci strumenti di cura e risposte concrete in futuro“.