Gli scienziati di Harvard delle cellule staminali hanno convertito con successo le cellule della pelle dei pazienti con insorgenza precoce di Alzheimer nei tipi di neuroni che sono affetti dalla malattia, rendendo possibile per la prima volta di studiare questa forma principale di demenza. Questo può anche permettere di sviluppare terapie in modo molto più rapido e preciso rispetto a prima.
La ricerca, guidata da Tracy Young-Pearse e pubblicato sulla rivista Human Molecular Genetics, ha confermato ciò che era stato a lungo osservato nei modelli di topo e cioè che le mutazioni associate alla malattia ad esordio precoce di Alzheimer sono direttamente correlate a errori della scissione di proteine che causano un aumento delle beta-amiloide (Ap) proteine 42, che tutte le persone producono ma in qualche modo si aggregano per formare placche nei pazienti di Alzheimer.
In aggiunta queste cellule derivati da pazienti possedevano anche la seconda caratteristica del morbo di Alzheimer: elevate quantità della proteina tau, o più precisamente una proteina tau che è stata distorta in modo che le proteine si aggrovigliano insieme. La relazione tra beta-amiloide e tau è un dibattito del tipo “la gallina o l’uovo” nel campo della ricerca dell’Alzheimer, con alcuni ricercatori che associano uno o l’altro o entrambi, con l’inizio della malattia.
Ma attraverso le cellule staminali umane, Young- Pearse e il suo team hanno potuto dimostrare che la prevenzione dello squilibrio delle beta-amiloide ha ridotto anche i livelli distorti della proteina tau.
Ricordiamo, tuttavia, che gli studi clinici per il trattamento di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer hanno un tasso di fallimento storicamente elevato, principalmente perché i potenziali farmaci sono derivati da ricerche su modelli non umani. Young-Pearse e colleghi ritengono che la loro strategia di utilizzare le cellule staminali pluripotenti indotte per riprogrammare le cellule della pelle dei pazienti in neuroni potrebbe essere usata per predire quali terapie siano più adatte onde bloccare l’insorgenza precoce della malattia.
Young-Pearse è intenta ora ad utilizzare queste cellule derivate dai pazienti per capire perché i malati di Alzheimer mostrano la malattia solamente in aree del cervello, come l’ippocampo, che è cruciale per il richiamo della memoria, e non il cervelletto, importante per l’equilibrio e il movimento. Il suo laboratorio esaminerà le proteine beta-amiloide e tau in neuroni non tipicamente associati con la malattia per scoprire perché questi rimangono inalterati. Questo lavoro può anche aiutare a identificare quale forma di beta-amiloide è la più tossica.