Grazie ad un importante passo avanti da uno dei ricercatori del Weizmann Institute, gli studi clinici basati sulla ricerca sulle cellule staminali – che potrebbero portare a delle tecnologie in grado di riparare i tessuti danneggiati, trattare le malattie autoimmuni e persino crescere organi da trapiantare – potrebbero divenire realtà nel corso dei prossimi 10 anni!
Il Dott. Jacob Hanna ha condiviso le ultime notizie sul ritrovamento da parte della sua squadra, di una proteina che rende il processo di conversione di cellule staminali adulte a cellule staminali embrionali drammaticamente più efficiente e stabile.
Hanna ha spiegato che la sua ricerca si basa sul lavoro di Shinya Yamanaka, un ricercatore giapponese Premio Nobel per la medicina per la sua scoperta che le cellule adulte possono essere riconvertite in cellule staminali.
Le cellule staminali embrionali sono di fondamentale importanza, in quanto possono ancora essere programmate onde diventare un tipo specifico di cellula.
Hanna sostiene che mentre l’attuale processo di produzione di cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) risolve un sacco di problemi etici – poiché il processo non richiede l’utilizzo di un uovo o di materiale fetale – ma purtroppo risulta anche molto inefficiente dal momento che può durare fino a quattro settimane per produrre una singola cellula iPS e il tasso di successo è di circa dello 0,1%.
Ecco perché Hanna e la sua squadra si sono resi conto che il semplice ripristino delle cellule al loro stato embrionale non è abbastanza.
“Abbiamo identificato una proteina chiamata MBD3. Questa proteina agisce come il freno in una macchina”, ha continuato Hanna, “quando abbiamo smantellato questo freno, siamo stati in grado di passare dallo 0,1% al 100% e … in sei giorni“.
“Mentre la popolazione sta invecchiando sempre di più giacché le persone vivono più a lungo, si presentano nuove malattie, e la gente vuole avere una migliore qualità di vita, c‘è un grande bisogno di sostituzione dei tessuti. La domanda è: come facciamo a trovare una fonte accessibile e riproducibile di tessuti che non sarà respinta (dall’organismo stesso)?
Ma con la riprogrammazione delle cellule staminali mature per creare cellule iPS, che verrebbero coltivate in laboratorio, per poter poi essere differenziate in ogni diverso tipo di cellula. E siccome tale processo richiede l’uso di cellule proprie prelevate dal paziente stesso, si ridurrebbe così drasticamente la possibilità del rigetto del trapianto.
Quando gli è stato chiesto quanto tempo potrebbe volere per il grande pubblico di poter beneficiare di questa nuova tecnologia, Hanna si mise a ridere, dicendo: “Io non sono un profeta. Ma considerando il rapido ritmo di questo campo, entro i prossimi cinque-dieci anni, potremmo iniziare a vedere dei validi test clinici basati su questa tecnologia“.